I fichi secchi destinati alla vendita, i più grossi detti "ficoni", Antonio Cardillo quell'anno non li aveva messi nelle casse, facile preda della scostumata figliolanza, ma in una botte senza alcun fondo, poggiata alta sul pavimento. La botte era poi stata coperta da una pesante stuoia impeciata, difficile da rimuovere e poi da rimettere al suo posto. Così i ficoni sarebbero stati al sicuro e lui, Antonio Cardillo, detto "U Pecuozzo", non avrebbe avuta la cattiva sorpresa dell'anno precedente.
Ma Pasqualino e Michelino, i due figli maggiori, non si diedero per vinti.
"Se non possiamo prenderli di sopra, li prendiamo di sotto" pensarono.
Servendosi con una leva di ferro, con la quale il padre spostava le pietre più pesanti, i due "malandrini" sollevarono la botte da una sola parte e per quel tanto che bastava a tirar fuori una discreta quantità di ficoni, con un ferro piegato ad uncino.
L'operazione fu ripetuta per una ventina di giorni, fino a quando non giunse in paese il commerciante di fichi secchi. Antonio Cardillo tolse la pesante stuoia e, salito su una sedia, si affacciò sul margine della botte: i suoi ficoni stavano tutti là, belli freschi come una rosa di maggio. Il commerciante li trovò di buona qualità e Antonio "U Pecuozzo", stando sempre ritto sulla sedia, riempì il primo paniere di splendidi ficoni.
Tutto bene: "U Pecuozzo" era una persona onesta e non aveva cercato di ingannare il commerciante mettendo i ficoni più belli a prima vista e quelli più piccoli sotto.
Naturalmente, a mano a mano che si riempivano i panieri, il livello dei ficoni nella botte scendeva e Antonio Cardillo era costretto a sporgersi sempre di più. Era, la sua, una posizione squilibrata ed anche parecchio scomoda. Avrebbe riempito quell'ultimo paniere e poi la botte sarebbe stata tirata giù per essere svuotata del tutto.
Stava compiendo quest'ultima operazione, quando - "Dio del Cielo!" - i ficoni sprofondarono e il poverino Antonio Cardillo si trovò a testa in giù, sul pavimento, ed i piedi che appena affioravano dalla parte superiore della botte.
Per sommo di sventura il negoziante e il suo aiutante proprio allora erano scesi giù a portare un cesto di ficoni sul carretto.
Al grido di aiuto, Sofia, la moglie, che stava preparando la pasta e patate in cucina, corse a vedere cosa fosse successo.
"E che ci fai là dentro a capo sotto?" chiese.
"Faccio la scema che sei. Tira giù la botte, subito".
Sofia, una donnona sulla cinquantina, tentò di tirare giù la botte come le aveva detto il marito, ma per quanto sforzi facesse, non ci riuscì.
"Corri a chiamare il commerciante. Che aspetti, visto che non sei buona a nulla?"
Sofia non era una donna da sopportare rimproveri non meritati.
"Crepa" disse in cuor suo, mentre si avviava per le scale, ma non con troppa fretta, per andare a chiamare il commerciante e il suo assistente.
Intanto Antonio si dibatteva nella botte come un pesce vivo in un secchio d'acqua. Invocava santi e Madonne, e bestemmiava santi e Madonne. Quando il commerciante dei fichi secchi e il suo aiutante videro il povero Antonio con la testa giù nella botte, incominciarono a ridere e a ridere.
"Che cacchio mi ridete? Tirate giù la botte, sto soffocando!"
La botte fu tirata giù ed Antonio detto "U Pecuozzo" ne fu tirato per i piedi tra le risate sempre più gustose e convinte dei due commercianti e finanche della moglie Sofia.
Inserito il 21-02-2010