Le mascherate che a Carnevale si facevano nel mio paese non avevano nulla di simile ai carri di Viareggio, adorni di belle fanciulle gambe nude e, tanto meno, al conturbante turbinio di chiappe e di seni del carnevale di Rio.
Al mio paese a vestirsi da donna erano giovani ancora imberbi o accuratamente rasati: tutti col petto e con i glutei inturgiditi e modellati con lana o con stoppa per dare un’idea di quello che a Rio... Beh, a Rio era tutt’altra cosa. A Rio non c’era il rischio di veder scivolare di sotto la gonna il mal annodato sedere di una di quelle matrone, come accadeva spesso alle nostre "donne" in maschera.
Le maschere convenzionali, oltre a quella di Carnevale, erano poche. Fino al tempo della monarchia, quasi sempre, c’era la coppia reale, il re e la regina, che procedevano altezzose sulle loro asinine cavalcature, con tanto di corona in testa e una coperta di seta per mantello sulle spalle. C’era il prete che con l’aspersorio spruzzava liquidi di varia natura sulle persone ferme lungo la via e, non poteva mancare, c’era il diavolo con le lunghe corna. Vestito di rosso e con attaccati alla cintura e al collo grossi campanacci, correva avanti ed indietro mettendo paura ai bambini. Portava in mano uno spiedo che ora usava come una spada minacciosa, ora allungava alle donne sulle porte e alle basse finestre perché ci infilassero un pezzo di salsiccia. In cambio le avrebbe protette una volta che, per i loro peccati, fossero scese nell’inferno. Immancabile era anche la "Vecchia dei mascheri". Coperta di stracci implorava piagnucolante alle donne sui balconi di fargli cadere un pezzo di salsiccia, o qualche altra cosa di buono, nel largo cesto che portava sulla testa. Ma salsicce ed altre cose buone erano rare nel cesto: salsiccia, in particolare nemmeno a pagarla.
Di peggio accadde a Ciccio Sepa il quale, sicuro di non essere stato riconosciuto, si azzardò a chiedere "qualcosa di buono" a Nunziatella Cuoccio con la quale era stata per qualche tempo fidanzato. Nel cesto si sentì arrivare un vaso di garofani accompagnato da un: "Pigliati questa bella cosa, sfacciato figlio di puttana!"
Naturalmente la maschera più importante era quella di Carnevale. Grasso di paglia pigiata nei calzoni e nell’abbondante camicia, con un cappellaccio in testa e con una barba di stoppa, Carnevale veniva caricato di peso sull’asino e con un fiasco di vino in una mano ed una ciotola di polpette nell’altra precedeva tutte le altre maschere dondolandosi ora verso destra ora verso sinistra fingendo, fino a quando non lo era davvero, di essere ubriaco.
La mascherata costituiva un momento d'incontro, di divertimento e di spensieratezza collettiva. Si scherzava, si rideva anche per qualche gesto o qualche frase fuori dei limiti della convenienza. “A Carnevale ogni scherzo vale.” E a questo motto nessuno veniva meno. E Nunziatella? Ma sì, forse il suo, fu nient’altro che un gesto d’amore, se tre mesi dopo erano già felici sposi.
Incidenti di altro genere? Ne ricordo uno. Era l’ultimo giorno di Carnevale e quella sera stessa, dopo la mascherata, un Carnevale di sola paglia sarebbe stato bruciato tra il pianto e i lamenti di tutti. Addio polpette, addio salsicce: la brutta quaresima non sapeva cucinare che cavoli, cavoli e poi cavoli.
Carmine Scerillo, il Carnevale del giorno, un ometto tondo per natura, fu ugualmente imbottito di paglia e sollevato sull’asino di mastro Raffaele. La mascherata aveva quasi fatto il suo percorso e l’equilibrio di Carmine Scerillo incominciava ad essere instabile per le soventi sorsate dall’immancabile fiasco. Ed eccoti che un "figlio di buona mamma" va a soffiare la sua trombetta nell’orecchio dell’asinina cavalcatura. Vedere l’asino di mastro Raffaele sollevare ripetutamente la groppa e il povero Carnevale cadere sul selciato, fu tutt’uno. Ma tutt’uno fu anche la risata di chi assistette alla scena e l’urlo di dolore dello sfortunato Carminuccio. Sì, Carminuccio gridava, chiedeva aiuto, mentre impagliato com’era non riusciva ad alzarsi, ma sicuramente fingeva e perciò si continuava a ridere e alcuni gli si fecero intorno piangendo come andava pianto il morituro Carnevale. Finalmente, stanchi di quella finzione, Carminuccio fu sollevato da terra per riporlo sull'asino. Solo allora ci si accorse che il povero Carnevale si era rotto un braccio.
Inserito il 21-02-2010